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Povero Adige 

Basta leggere qualche numero delle nostre riviste diasta leggere qualche numero delle nostre riviste di pesca per capire quanto l’Adige sia sempre al centro dei nostri pensieri. Sul numero 1/2018 de “Il PescatoreTrentino”due articoli, sul n. 2 un editoriale di Mauro Finotti, un articolo dell’Ufficio Faunistico che parla di Temoli quali indicatori della qualità delle acque, e quindi in sostanza dell’Adige, un altro di Giovannini “Riflessioni in riva all’Adige”, un Focus di Gandolfi sulla marmorata, e se non è Adige che cosa è? Anche “Pescare in Trentino”, n.1/2018 parla di Adige con lo stesso riferimento dell’editoriale di Finotti. E allora mi ci provo anch’io, facendo un excursus su quanto ho scritto negli anni per la nostra rivista. Forse le mie posizioni sono fuori dal coro, ma cosa volete… tolleratemi! Ma prima di entrare nel vivo dell’argomento vorrei ricordare ai miei lettori una fiaba di H. C. Andersen, una di quelle fiabe che si leggevano da bambini, ma che sarebbe opportuno venissero rilette e ripensate anche dagli adulti. Ne farò un riassunto, breve per forza, ma se avrete pazienza di arrivare in fondo potrete ricavarne delle utili conseguenze.

 

Narra la leggenda che un giorno un imperatore venendo a sapere della presenza di due abilissimi sarti decidesse di farsi cucire da loro un abito. Questo abito, affermavano i sarti, aveva la particolarità di rendersi invisibile agli occhi degli stolti. L’imperatore pagò per l’abito molto denaro e i due artigiani si misero all’opera. Passato del tempo l’imperatore mandò un vecchio e fidato ministro a controllare i lavori. Egli non vide alcunché, non la stoffa sul telaio,non i fili. I due imbroglioni però magnificarono i colori, il disegno,la finezza della seta e il ministro, per non passare per sciocco, lodò i colori, il disegno, il tessuto. Non c’era nulla, ma era tutto perfetto! Chiesero altri soldi, altra seta e si rimisero all’opera. Finsero di tessere, di cucire e di tagliare, ma dell’abito ancora non vi era traccia. L’imperatore, impaziente, mandò un altro funzionario, intelligentissimo anch’egli, ma anche costui non vide abiti o stoffe. Non vide niente, ma magnificò quel che non c’era non volendo passare per idiota o perdere il posto. Infine l’imperatore stesso si recò dai due sarti. Anch’egli non vide nulla ma i due sarti, in coro: è magnifico Sua Maestà, che disegni Sua Maestà, che colori Sua Maestà! L’imperatore pensò: che io sia stupido? O che sia indegno di fare l’imperatore? Non sia mai! E quindi esclamò: bellissimo quest’abito!!! E nominò i due imbroglioni “Grandi Tessitori” e li insignì della Croce di Cavaliere. Infine si fece aiutare ad indossare l’abito: si rimirava nello specchio e non vedeva nulla se non la propria panciona, ma vennero i portatori col baldacchino e lo fecero sfilare per la città. I ciambellani finsero di reggere uno strascico che non c’era, i ministri, serissimi e intelligentissimi, seguirono. Le dame, pure. E tutta la gente ad applaudire e a magnificare un abito che non esisteva: Dio mio quanto sono belli gli abiti nuovi dell’imperatore, mai visto nulla di simile! Nessuno voleva confessare che non vedeva nulla, per non passare per cretino o incompetente, o per non perdere il posto. Solo un bambino, in fondo al corteo, esclamò: l’imperatore non ha nulla addosso! Ma l’imperatore continuò imperterrito, i ciambellani ressero uno strascico inesistente e la sfilata continuò… Molti allora dissero che il Re era nudo. Ma la sfilata continuò…Io me lo son sempre figurato questo imperatore come un vecchietto bonaccione, vanesio quanto basta, un po’ capriccioso come tuttii re. Con il suo pancione in mostra e il pisellino coperto da una foglia di fico. E tutti a dire che bel vestito, come Le sta bene, che colori magnifici. Solo un bambino che nulla aveva da perdere e che guardava la realtà per quello che era, a dire che “il Re è nudo”.

2018 adige 2Il mio primo intervento sul “Il pescatore trentino” è del maggio1983. Da allora ho sempre fatto parte del Comitato di redazionee scritto più di cinquanta articoli tra itinerari di pesca, tecnica, recensioni, racconti. In sostanza argomenti vari e piacevoli. E per una quindicina di anni siamo andati a pesca e ci siamo divertiti. Ecco però che sul numero 1/1998 scrivo di bollate in Adige e, facendo un diario dei precedenti ultimi anni, uso il metro delle bollate e delle schiuse per valutare il fiume e la presenza di pesci (se ci sono le bollate ci sono i pesci, se i pesci bollano ci sono gli insetti sull’acqua, è elementare...). Mi cito: “Negli ultimi anni le bollate sono aumentate, si sono stabilizzate e hanno assunto carattere costante. Almeno fino al 1996. Poi l’anno scorso (1997 ndr) questo trend si è interrotto e già in primavera si è notato un calo deciso della attività di superficie...le bollate erano proprio poche. Schiuse meno copiose del solito, trote e temoli in attività decisamente meno. In definitiva il 1997 mi è parso peggiorato rispetto agli anni precedenti”. Ecco il primo segnale d’allarme: già nel 1997 scrivevo che a guardare la realtà per quello che era, le cose erano cambiate o stavano cambiando. Passa qualche anno e nel febbraio 2002 scrivo un articolo “Che cosa sta succedendo all’Adige?”. In esso analizzo i dati delle catture negli ultimi anni, faccio dei confronti, concludo che “andare a pesca in Adige genera lo sconforto”. Chiedo anche: “per dio dateci dei numeri su cui si possa ragionare… penso che nella nostra Provincia non manchino certo le competenze tecniche o i mezzi per capire ciò che sta avvenendo”.Lasciamo poi perdere quante conseguenze mi ha causato quello scritto, additato come un disfattista, come quello che rema contro l’APDT e così via, manco fossimo stati nelle vecchia UnioneSovietica… Però nello stesso anno, in autunno, anche L. Betti, allora direttore della rivista e ittiologo, scrive di “Adige malato ma non morto “e L. Da Riz, altra figura storica di pescatore e gentiluomo, scrive di un “anno strano”. Ecco poi il numero 1/2003: ancora Da Riz scrive un articolo e da attento osservatore nota che: “...in questi ultimi 3 o 4 anni in Adige si è verificata una progressiva e netta diminuzione ( non solo ) del pesce ma anche della piccola fauna bentonica che è alla base della alimentazione dello stesso, ( quali ) le cause?”. In risposta P. Pedronallora Presidente APDT, elenca una serie di motivazioni che, in un contesto generale di peggioramento delle acque, ritiene causa della scarsità di pesce: piene, svasi, siccità, e in particolare l’uso di ceppi di fario particolarmente inadatte alla vita in acque libere (quelle dell’Adige, per intendersi, visto che altrove si adattavanobenone), incapaci di nuotare e di riprodursi e quindi non efficaci nel mantenere adeguati livelli di popolazione ittica. In un riquadro dello stesso articolo si segnala tra l’altro che “recenti campionamenti effettuati dall’Istituto Agrario di s. Michele A/A confermano la migliorata qualità dell’acqua, data la presenza dello scazzone, della lampredina e di una inusuale ( sic! ) varietà di specie bentoniche”. In lampredina e di una inusuale ( sic! ) varietà di specie bentoniche”. In sostanza mentre chi a pesca ci va e guarda la realtà afferma che calano i pesci e gli insetti, i dati ufficiali dicono che tutto va meglio. Da notare come già nel 2002/2003 in Adige nuotasse lo scazzone e pure la lampredina, come posso testimoniare anche io perché li avevo visti, trovati e segnalati già in anni precedenti. Così2018 adige 3 come già avevo segnalato la presenza di plecotteri in Adige, indicatori di buona qualità delle acque in anni precedenti. Voglio dire, cioè, che i marsoni e le lampredine e i plecotteri non sono una invenzione degli ultimi 2 o 3 anni dovuta alle nuove e meravigliose caratteristichedelle acque del nostro fiume. C’erano già! E c’erano in anni dove le acque erano forse di qualità un poco inferiore ma i pesci e il benthos erano di altrettanta qualità e in quantità superiorie non paragonabile con quelle attuali.Arriviamo al n. 1/2005 e scrivo un articolo sul temolo, discuto di misure dato che allora si era arrivati ai 35 cm, di pinna blu e pinna rossa, di catture, insomma le solite inutili amenità. Cito il Pescatore Trentino n.6/1953 laddove già si discuteva di temoli, bracconaggio, misure. Scrivo che nell’anno 2004 in una ventina di uscite con la mosca o con la camoliera ho catturato ben tre (3)pesci di misura in Adige. E mi chiedo “solo un anno sfortunato? ”Nel frattempo incomincia a farsi palese il problema dei cormorani, le misure minime aumentano sempre più, il temolo a 40 cm, la marmorata 40, 50 cm e così via. Poi magari qualche cosa scende, il temolo a 35, la marmorata a 40 qua e là. Tanto per giocare…Non voglio tediare oltre il lettore e faccio quindi un salto fino al 2013. Non pensate però che gli otto anni trascorsi dal 2005 siano passati invano. No no, l’imperatore ha continuato a girare nudo e contemporaneamente vestito con il suo bellissimo abito di seta finissima con disegni meravigliosi, pietre preziose, oro, abito che tutti facevano finta di vedere (mi viene da dire di “inusuale” bellezza,come le specie bentoniche dell’Adige di cui sopra…), e così le acque miglioravano, e l’Adige? Mai stato meglio! Però però ...sul n. 2/2013 parlando del balletto delle misure minime per marmoratae temolo presento dei dati (gentile concessione di L. Pontalti) sulle catture in Adige dal 1983 in poi. Numeri incrociati con l’andamento delle misure minime e l’incremento della popolazione dei cormorani. Tali numeri confermano in maniera inequivocabile le osservazioni fatte a partire dal 1997. Misure minime aumentate ma del tutto inutili, catture a picco, cormorani che aumentano. E intanto produciamo marmorate in ogni valle, ovunque incubatori, ovunque vasche di allevamento. Risultati? Giudicate voi! Arriviamo quindi al 2015, n. 2 della rivista. Compaiono i dati relativiai campionamenti effettuati dalla PAT – Ufficio Faunistico – in Adige nelle zone tra Zambana–Trento e Trento–Calliano. Il Servizio Foreste e Fauna scrive: “la specie prevalente è lo scazzone, sono rappresentati i ciprinidi reofili (cavedano e barbo comune), non compare il temolo trovato nei campioni degli anni precedenti (2003, 2006, 2008, 2010), la presenza delle trote è scarsa. Messo nero su bianco. Ancora nel n. 2/2016 lo stesso ente dopo i campionamenti effettuati nel 2015 scrive: “la biomassa ittica appare in calo, in particolare il barbo a monte di Trento, zona Noce/Avisioove si concentrano i cormorani. Ci sono meno individui giovani sia dei salmonidi che dei ciprinidi”, con l’aggiunta di alcune osservazioni sull’impatto negativo delle variazioni di portata e la canalizzazione.Arriviamo al n. 1/2018, e il direttore della nostra rivista M. Finotti nell’editoriale analizza l’andamento dei tesseramenti in APDT: numeri alla mano, siamo passati dai 1648 soci del 2002 ai 1014 del 2017, con un calo del 38%. Sia chiaro che è un trend generale però colpisce che nella sua analisi del fenomenonon venga minimamente considerato la evidente e principale causa: meno pesci in Adige significa meno pescatori. Sembra quasi che il “preoccupante” stato di salute del fiume principale (cfr Il PescatoreTrentino, pag 3 - 2/2018 ) e i sempre più complicati (oltrechè del tutto inutili) regolamenti di pesca siano ininfluenti. Infine nell’agosto 2018 compaiono sul n. 2 della nostra rivista i quattro scritti relativi, direttamente o indirettamente, all’Adige, già ricordati più sopra. Anche su “Pescare in Trentino “appare uno scritto relativo alla gestione dell’ittiofauna in Adige e che rende notizia sulla riunione tenuto a Rovereto da parte delle Associazioni di Pescatori che gestiscono l’Adige da Resia a Verona. Questo a maggior testimonianza, infine, che il problema c’è ed è generalizzato a tutta l’asta dell’Adige montano! Osservando, sommessamente, che forse si poteva pubblicizzare un poco di più tale riunione per dar modo di partecipare a tutti coloro che avessero voluto farlo senza riservare la discussione solo a presidenti e/o consiglieri di Associazioni e/o tecnici (tutte persone rispettabilissime ma che a volte a malapena conoscono il fiumee a pesca ci vanno proprio pochino…) vorrei entrare nel merito di quanto compare in questi articoli. Su “Pescare in Trentino” viene fatta una bella e interessante panoramica sulla realtà delle Associazioni che gestiscono i vari tratti di Adige. Ma con un atteggiamento particolarmente “neutro” nel descrivere lo stato di salute della popolazione ittica. “La massiccia presenza di cormorani, sempre in aumento, causa una rarefazione dei popolamenti itticie determina una notevole perdita delle classi di età intermedia...Ancorpiù sul temolo la situazione è abbastanza generalizzata”. Cioè un disastro verrebbe da dire, e invece sembra che i pesci siano rarefatti sì, ma quasi come l’aria di montagna, aria fina e pesci fini,e il tutto scivola via come nulla fosse... Su “Il Pescatore Trentino”compare un editoriale di M. Finotti che invece con parole direi “accorate” denuncia la situazione in cui versa il nostro fiume, dalla Venosta a Verona: la “pescosità negli ultimi anni è semplicemente crollata”-“la situazione è veramente preoccupante” “mancano quasi del tutto le forme giovanili della marmorata”. Finalmente, e lo ripeto, FINALMENTE ci si accorge che in Adige non si pesca praticamente nulla???? Ci sono voluti più di 20 anni, dico venti anni, da quanto il sottoscritto, e non solo lui, ha messo nero su bianco che i pesci e gli insetti erano drammaticamente calati in Adige? Per capire che il “progetto marmorata” per quanto riguarda l’Adige non ha dato i frutti sperati? Per capire che l’impegno economico, il lavoro dei volontari, i sacrifici dei soci sono serviti pressochéa nulla? Che il continuo innalzamento delle misure, l’inasprimentodei regolamenti, gli ardiglioni, i piedi asciutti, le zone no kill, mosca, trofeo, ASM, TRA, il delirio sistematico di chiunque sieda in un consiglio direttivo e decide norme di regolamento assurde dettate dalle proprie fantasie e senza mai dati a sostegno, non ha portato che alla riduzione dei pescatori sul fiume? Mi spiega qualcuno quale mai azienda con questi risultati non avrebbe dichiarato fallimento dopo 22 anni di spese per allevamentie incubatoi, (parliamo di milioni di euri mica di bruscolini,dei soci e dell’Ente Pubblico) e di ore di lavoro dei dipendentie dei volontari? Possibile che nessuno abbia mai fatto un conto economico di quanto è costato tutto ciò in rapporto a quanto prodotto, e non in termini di avannotti o trotelle di marmorata nelle vasche ma in pesci sopravvissuto nel fiume? Facciamo finta di non vedere? Sono 22 anni che ci viene ripetuto il mantra della “migliorata qualità delle acque dell’Adige…)” e che quindi tutto va bene, deve andare bene. A nessuno viene in mente che anche l’acqua del mio rubinetto è della massima qualità, ma che nella mia vasca da bagno le marmorate non ci vivono? E che, anche ammesso che sia vero che la qualità è migliorata, non basta aver buona qualità dell’acqua se l’ambiente non è altrettanto di qualità? Se il fiume è un canale privo di ripari, se per 8 mesi all’anno scorre acqua piena di limi che asfaltano il fondo, un fondo privo ormai di ghiaia e fatto solo di pietre, se i livelli cambiano tre volte al giorno di quale qualità parliamo? Anni fa tutto andava bene ma era colpa delle fario che non sapevano nuotare, ora tutto va bene ma abbiamo solo scazzoni. Ecco, gli scazzoni,gli scazzzzooooni!!! Per dio, abbiamo tantissimi scazzoni in Adige, e le lampredine, tutto deve andare per forza bene. A nessuno viene in mente che gli scazzoni ci sono sempre stati e che ora sono aumentati magari perché non ci sono più trote a mangiarseli o perchè son gli unici a sfuggire ai cormorani? E poi i temoli, anch’essi teorici testimoni della migliorata qualità delle acque. Ne siamo così sicuri? Io ne dubito! Il temolo è tornato perché c’è stato chi, circa una trentina di anni fa si è battuto perla sua immissione e qualcuno si è preso la briga di immetterlo, proveniente dal commercio. Ed era un temolo ben più resistente all’inquinamento del “temolo nostrano”, ben più rustico,a crescita decisamente maggiore. Non so se abbiamo migliorato le acque, di sicuro abbiamo peggiorato il temolo. Basta sfogliare la nostra rivista, n. 1/2005. È dal 2002 che i temoli sono calatia numeri irrisori rispetto agli anni precedenti. Colpa dei cormorani? Possibile, probabile. Infatti “il pescato in temoli appare oggi stabile, così come il numero dei cormorani, in conformità alla legge naturale che vuole il numero dei predatori determinato da quello delle prede” (IPT pag 10 -2/2018 ). Peccato che il pescato di temoli è talmente stabile da essere irrisorio, proprio come nel 2002, stabili anche i cormorani che se li mangiano. Ma i barbi in decremento alle foci di Avisio e Noce? E le trote che non ci sono? Sempre popolazioni più o meno stabili, ma sempre irrisorie rispetto alle potenzialità e rispetto a ciò che era, appunto,ancora negli anni ‘90. Possiamo veramente dire che siccome ci sono i cormorani a fare il deserto vuol dire che tutto è ok? Se cisono i predatori vuol dire che c’è anche la preda? Certamente, ma i predatori si spostano di decine di km al giorno, spopolato un tratto di fiume sotto con un altro. Finiti i temoli e le trote sotto con barbi e cavedani! E fatto il deserto, deserto rimane. Come può essere tutto ok? E poi come si può scrivere che la “presenza dei cormorani appare tutto sommato tollerata dai pescatori” (IPTpag 11-2/2018)? Sopportata eventualmente e male, ma non tollerata, e certamente perché altro non si può fare o altro non viene fatto. E tollerata solo dai pescatori superstiti, gli altri smettono. Tollerare e sopportare non sono sinonimi! E se è tollerata, lo è come ...come un gatto appeso agli zebedei, mi vien da dire! Ci siamo convinti che la pesca sia oramai un cosa che con la cattura del pesce non ha più nulla a che fare: relax, contatto con la natura, aria buona quando c’è, rilasciare il pesce e guai a mangiarsiuna trota o un temolo. No, per favore, torniamo coi piedi per terra! Pescare è prendere pesci. Smettiamola di tollerare tutto, cormorani, dighe, sbalzi di livello, regolamenti assurdi. Torniamo semplici per favore. Metteteci, mettiamoci nelle condizioni di essere noi concorrenziali con i cormorani. Fateci andarea pesca, in ottobre, in novembre, in dicembre. Fateci usare il verme, la camolera con 5 o 10 camole, anche 20 se ci stessero.Togliete o abbassate queste inutili misure minime, lasciateci pescare pesci. Torniamo ai regolamenti di 30 o 40 anni fa. Smettiamolo di vessare il pescatore con noie assurde. Lasciateci fare concorrenza ai cormorani almeno, per quel poco che riusciremmo a competere. E magari incominciamo a capire che se le condizioni ambientali non sono adeguate possiamo smettere di sprecare soldi ed energie nel seminare marmorate per allevare cormorani. Riserviamoli i soldi e le energie per quelle zone dove i cormorani non riescono a creare il deserto. Dovremo sicuramente ridiscutere i quantitativi di materiale da immettere in Adige,ma non nel senso di aumentare ulteriormente la produzione di marmorate in vasca al solo scopo di crescere cormorani a spese della comunità, ma nel senso di smettere di sprecare soldi! Se la marmorata deve vivere ce la farà, da sola o con il nostro aiuto, ma solo laddove l’ambiente ancora lo permette. Consideriamo l’Adige per quel che è, “Un malato ma non morto” come già titolato da L. Betti nel 2002. Cioè, in sostanza, una specie di “stato vegetativo permanente”, un coma. Inutili per ora i tentativi di rianimazione. Impostiamo cure palliative. Se un giorno esso si dovesse svegliare allora e solo allora cambieremo cura! Oppure rassegnamoci e smettiamo di pescare in Adige, chiudiamo pure la pesca: niente iridee perchè sono alloctone, niente fario perchè si ibridano e poi non sanno nuotare, niente marmorate e temoli perchè dobbiamo pur mantenere e contemplare i cormorani. E soprattutto continuiamo a comportarci come i ciambellani e i cortigiani dell’imperatore che di fronte ad un re nudo continuano ancora a dire che è tutto meraviglioso, bellissimo, e che bei disegni, e che tessuto finissimo, e che qualità (delle acque…)!

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